Sono morto ieri
più o meno a quest’ora. Ora posso finalmente togliermi la curiosità di vedere
come tutto continua nonostante la mia assenza. Ogni cosa esisteva prima di me e
continuerà a esistere dopo la mia partenza. Non so dire che effetto mi fa.
Seduto sul bordo di questa fontana piantata al centro di questa grande piazza
sento solo montare una non troppo dolorosa nostalgia. La bianca facciata del
museo si alza impettita e accesa dal sole appoggiata sulle colonne di pietra che
accompagnano a balzi gli archi seriosi dei portici gremiti di folla frettolosa.
Le grandi finestre si affacciano chiuse di vetro geloso intarsiato nel legno
bruno che gli fa da cornice. Fiere di loro simmetria si fan belle dei riflessi
d’oro di questa mattina d’autunno. Quante volte sono passato di qui e mai ne ho
notato la bellezza. C’erano sicuramente anche ieri. E c’ero ancora anche io.
Verde giallo rosso ancora verde poi giallo poi rosso. Il semaforo fa il proprio
mestiere con ottusa precisione e ora dà il via libera all’uomo che attraversa
pensieroso con al guinzaglio un bel cane grosso e bianco come il latte. Che ne sa lui
di me. Attraversa semplicemente ignaro del nulla in cui ora io sono. Bandiere
al vento sopra il palazzo della banca sono coriandoli che giocano ruzzolando
nel vento schizzando di colori il bonario azzurro vivo di un cielo infinito
come il mare. Tutto vive. Come sempre. Mi chiedo se mi sento più solo adesso
oppure quando anche io respiravo quest’aria. Non lo so. So solo che adesso posso
finalmente sedermi qui e guardare gli altri vivere senza essere visto e senza dovermi
nascondere. Quante volte ho pensato che bello sarebbe stato essere un piccolo
insetto e sorvolare l’umanità e le sue cose e spiare tutto entrando ovunque e
tutto osservare e sentire. Eccomi qua. Ma il gioco adesso ha un retrogusto di
tempo perduto di rimpianto di giorni passati a cercar di comprendere il senso del
perché un cuore batte. Due ragazzi seduti qui al mio fianco mi distraggono dal
mio quasi asciutto piangere con il loro cicaleccio amoroso condito di piccoli
frenetici baci risate e gridolini bisbigliati. Allungando semplicemente una
mano potrei quasi toccarli. Passargli attraverso. Non si curano di me e fanno
bene. Dalla grande profumeria escono due donne. Gote rosse e bocche infarcite
di sorrisi si palleggiano pacchi e pacchettini. Madre e figlia quasi
sicuramente. Belle. Da mordere come soffice marzapane. Potessi appoggiare le
labbra alle loro guance arrossate sono certo che ne sentirei il fresco frizzante
della carne. Profumata. Ai tavolini del bar grandi discorsi e mille gesti che
ne disegnano i suoni. Caffè cappuccini acqua minerale fette di torta tramezzini
e brioches succhi d’arancia e scontrini che volano via dispettosi senza che
nessuno si affretti a rincorrerli. Nessuno bada al fatto ch’io non esisto più. Eppure
soltanto ieri avrei potuto scontrare qualcuno sulla via e chiedere scusa per la
disattenzione. Offrire una sigaretta al solito questuante. Sbirciare le notizie
dalle locandine dell’edicola che sembra una giostra verde e pettegola. Non so
davvero che effetto mi fa tutto questo vedere non visto. A tratti è forza. In
un istante si tramuta in spreco. Groppo in gola. Superiorità. Ma in fondo in
fondo tutto quello che vedo amo. Solo adesso. Quel che non sono riuscito a fare
fino a ieri. Più o meno a quest’ora.
Nessun commento:
Posta un commento