Precipitato da un incubo. Mi sono fracassato il sonno. Da
un po’ di tempo non faccio che tagliare teste. In genere le ripongo in buste da
discount. Buste bianche. Non troppo chiassose. Per una testa ne uso almeno tre
una dentro l’altra poi all’ultima un bel nodo doppio e rimangono come due
orecchie di coniglio perfette per infilarci indice e medio quando si dovesse
trasportare il fagotto. Non faccio distinzione tra uomo e donna. Taglio senza
discriminazioni. Il sangue. Ci sono periodi che penso sempre al sangue. E
questo è uno di quelli. Rossa pozione che affascina e terrorizza. Che ti chiama
e ti respinge. Autorevole il sangue. Imprendibile. Imprevedibile nei suoi
schizzi. Nelle sue voluttuose traiettorie. Nel suo spandersi a volte denso di
fiotti sciropposi a volte fluido come il getto di una fontanella. L’odore
stordisce i sensi. Può capitare di rimanere paralizzati alla sua vista. Non è
normale vedere il sangue fuori dalle vene. Quelle sono il suo posto. Così come
non è normale sentire la terra che trema quando c’è un terremoto. La terra è
ferma. Per noi è un fatto acquisito. Dimentichiamo spesso che pascoliamo su una
palla di pietra con una crosta nemmeno troppo spessa piena di roccia fusa in
ebollizione. Quindi quando questa cosa che dovrebbe stare ferma si muove ci
butta nel panico. Anche vedere il sangue fuori dalle sue sedi è uno shock. In
un modo o nell’altro ci ipnotizza. Il sangue. Quando lo si incontra per la
strada una parte di noi gira la testa inorridita per non vedere dovendo vincere
la resistenza di una forza uguale e contraria che ci bisbiglia invece di
guardarlo e di berlo con gli occhi.
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